“Questa prima chiesa parrocchiale, da tempo immemorabile dedicata dal popolo a San Giovanni Battista, è rivolta verso le prime case e viuzze del casale di San Vito degli Schiavoni. Riedificata nel 1745 da D. Giuseppe Marchese passò alla famiglia Dentice di Frasso e da questa consegnata al comune il 6 XII 1988. Restaurata e resa fruibile, per vincolo notarile è destinata solamente per incontri culturali nel rispetto della sacralità del luogo. La città di San Vito dei Normanni, grata, a futura memoria pose”.
Questo è quanto si legge nella lapide ammurata il 2004 sulla controfacciata della chiesa; in quell’anno, conclusi i restauri, si restituì l’edificio alla fruizione della cittadinanza di San Vito dei Normanni.
Nell’iscrizione si ricorda che l’edificio di culto è destinato solamente a incontri culturali secondo quanto dettato dall’atto notarile del 6 dicembre 1988 per il quale la famiglia Dentice di Frasso cedeva l’edificio all’Amministrazione Comunale.
La storia della chiesa s’identifica quasi con quella di San Vito dei Normanni; potrebbe esser sorta nel XV secolo quando la cittadina non era che un casale abitato da popolazioni slave ossia dagli Schiavoni e aver allora svolto funzione di chiesa parrocchiale secondo quanto asserisce Franklin Nardelli nella sua Storia di San Vito degli Schiavoni. Della chiesa di San Giovanni Battista è menzione il 1558 negli atti di Santa Visita del vescovo Giovanni Carlo Bovio (1546-1564); negli atti di santa visita del 1613 di mons. Vincenzo Meligne (1606-1639) si riferisce che la chiesa si articolava sull’altar maggiore e su un altro dedicato a Sant’Antonio.
L’aspetto che la chiesa oggi mostra ai suoi visitatori è frutto della totale ridefinizione voluta il 1745 dal principe Giuseppe Marchese Belprato di cui è menzione negli atti di Santa Visita. È da questo momento che, a fronte delle grosse rimesse investite per la ristrutturazione dell’edificio e l’improprio esercizio dello jus patronatus, la proprietà passa ai signori feudali della cittadina. Ciò comporterà, nel tempo, una limitata pubblica fruizione della chiesa di San Giovanni: negli atti di Santa Visita del 1876 di mons. Luigi Maria Aguilar (1875-92) si legge che il principe Ernesto Dentice aveva lo jus patronatus, ricordato dallo stemma all’interno. Le rendite della chiesa erano, di fatto, assorbite dalle celebrazioni di messe quotidiane dalla celebrazione della festa del santo titolare.
Dopo i restauri conclusi il 2004, pienamente leggibile è la facciata di fattura tardo barocca con la pregevole integrazione della balaustra in pietra che si apre sulla destra, unica parte della struttura ad essere rimasta di proprietà della famiglia Dentice.
L’interno, a navata unica, si presenta molto sobrio con arconi in cui si comprendono gli altari laterali. La sacrestia a pianta quadrata è con copertura a stella che Enzo Longo ha ritenuto “tra le più belle e significanti partorite dai maestri d’arte muraria di quei tempi”. Nello splendore del bianco delle pareti spiccano i tre altari decorati in finto marmo e dorature cui fanno pendant le cornici delle tele ottagonali riferite alla bottega di Serafino Elmo (1696-1777). Gli arredi lignei rimandano alla scuola degli intagliatori napoletani del tardo settecento. Per tre delle tele della bottega dell’Elmo, i soggetti raffigurati si riferiscono a scene che attendono a episodi della vita di San Giovanni Battista, titolare della chiesa: il Battesimo di Gesù e la Visita di Maria Santissima a Sant’Elisabetta, datate e firmate 1737, San Giovanni che predica alle folle, e quindi una Fuga in Egitto che esula dal contesto giovannita.
Gli altari laterali sono dedicati a San Giuseppe e a Sant’Irene, con tele di analogo soggetto da far rientrare nell’ambito della scuola napoletana del settecento maturo con rimandi alla cerchia del De Mura e al Solimena. Pochi raffronti avevano in regione i paliotti in pelle degli altari laterali, aventi a soggetto San Giuseppe con il Bambino e Sant’Irene con la palma del martirio, decorati con motivi tipici dei paliotti in marmo o in legno; furono asportati, insieme ad altri arredi, dai proprietari alcuni anni prima della cessione della chiesa.
San Giovanni
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San Vito dei Normanni