A metà del cammino quaresimale, ancora impauriti dalla pandemìa e terrorizzati dalla guerra alle nostre porte, ci disponiamo alla preparazione e alla celebrazione della Pasqua annuale nel Triduo del Signore crocifisso-sepolto-risuscitato.
Non si tratta di esigenze tecnico-organizzative, ma della crescente e sempre nuova attitudine a ricevere il dono del Signore che, proprio nella celebrazione liturgica del suo mistero, suscita, nutre e sostiene la fede del suo popolo.
Preparazione dunque come disponibilità ad accogliere, a ricevere la visita-presenza del Signore, il suo passaggio salvifico in mezzo a noi nei segni dell’intramontabile potenza della sua Pasqua di morte e risurrezione.
Una visita-presenza viva che rende ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa, azione sacra per eccellenza pari a nessun’altra azione della Chiesa ( cfr SC, 7).
Una visita-presenza che plasma la fede-carità-speranza del popolo di Dio che, pertanto, deve essere formato dalla liturgia e alla liturgia per corrispondervi consapevolmente e maturare nella vita teologale.
L’urgenza della formazione liturgica del popolo di Dio (primo nodo della preparazione e celebrazione autentica della Pasqua!) si è evidenziata una volta di più nel dramma della pandemìa.
Abbiamo infatti assistito allibiti al più vasto campionario di approcci singolari alla celebrazione liturgica, arricchito dalla moltiplicata confusione della pseudo-partecipazione dei fedeli (in diretta o in differita, come si dice!) dovuta alle nuove possibilità tecnologiche, che ha snaturato il senso vero della celebrazione e fatto perdere quello autentico della partecipazione ad essa.
In generale la carenza della formazione liturgica dei pastori e delle comunità si è palesata ancor più (particolarmente nel tempo della pandemìa) nello spettacolo di cattivo gusto della ricerca scaramantica di certezze religiose attraverso improbabili processioni con solitarie guide e solitarie statue o, peggio, con ostensori eucaristici portati qua e là da improvvidi pastori per propiziatrici e magiche benedizioni.
La preparazione e la celebrazione della Pasqua annuale non può non esporci alle domande fondamentali che la fede della Chiesa nel momento più alto del suo magistero, cioè nel Concilio Ecumenico Vaticano II, ha lumeggiato in tutti i suoi documenti.
Particolarmente ci chiediamo:
Noi sacerdoti non possiamo non constatare che abbiamo un grande debito nei confronti del popolo di Dio. E’ il debito della formazione liturgica voluta dal Concilio che è un tutt’uno con l’ascolto e l’annuncio del Vangelo in ogni comunità cristiana. Un debito che non può che passare anche dalla nostra formazione alla e dalla liturgia.
Questo ci sembra la pars maior della preparazione remota e prossima alla celebrazione della Pasqua annuale.
Ma è la stessa preghiera liturgica a dotarci della possibilità e delle condizioni alla preparazione e celebrazione della nostra redenzione nella Pasqua annuale.
Nella IV domenica di Quaresima, detta “Laetare”, alla colletta preghiamo così:
“O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la redenzione del genere umano, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina” (MR,99).
Se la fonte della nostra fede è la preghiera comune della Chiesa (lex orandi- lex credendi), la consapevolezza di ciò offre a tutti i battezzati la postura giusta e necessariaper partecipare pienamente alla celebrazione e accogliere fruttuosamente in essa l’opera di Dio-in-Cristo (Opus Dei).
L’Opera che dopo la risurrezione di Gesù è condotta dallo Spirito santo nel cuore dei credenti con le parole e i gesti della liturgia, la forma rituale della fede che plasma lo stile esistenziale dei battezzati.
Di quest’Opera noi sacerdoti siamo servi!
L’Opus Dei, come chiamava tutta la liturgia san Benedetto, è la grazia pasquale che ci salva ed è la forza plasmatrice della Liturgia, particolarmente dell’Eucaristia (come di tutti i sacramenti e della liturgia delle Ore).
Dalla preghiera che abbiamo ricordato apprendiamo che l’Opera di Dio è meravigliosa, inarrestabile, perenne, definitiva come il Dono del Figlio, ultima sua Parola al mondo:
“O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la redenzione del genere umano.
(Deus, qui per Verbum tuum humáni géneris reconciliatiónem mirabíliter operáris,).
Quest’opera dell’Amore di Dio, questa forza della sua misericordia, perenne-nuova creazione, agisce nella celebrazione liturgica del mistero di Cristo. Ogni domenica (pasqua settimanale), ogni anno (pasqua annuale), ogni giorno e ogni ora (pasqua pervasiva nei sacramenti e nella liturgia delle Ore).
Perché in ogni celebrazione sempre e solo il mistero di Cristo-nostra-Pasqua si fa presenza-viva. A questomistero con le nostre comunità dobbiamo sempre essere condotti. Da questa presenza con le sorelle e i fratelli dobbiamo lasciarci dare forma di vita nuova.
E’ così che diventa possibile la preparazione e la celebrazione della Pasqua annuale nel Triduo del Signore Crocifisso-sepolto-risuscitato.
La condizione per pastori e comunità, cioè per tutto il popolo è una sola. E anche questa è grazia dell’Opera di Dio. Come dice la nostra preghiera:
“concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina”.
Può valere risentirlo nel testo latino del Messale Romano:
“…praesta, quaesumus, ut pópulus christiánus prompta devotióne et álacri fide ad ventúra sollémnia váleat festináre.
La possibilità e la condizione per preparare la celebrazione della Pasqua annuale ci è data primariamente dalla disponibilità condivisa di aprirci all’Opera pasquale di Dio-in-Cristo, lasciando che sia Essa stessa a farci entrare nella terra santa del mistero che ci salva.
Le indicazioni, le precisazioni, gli orientamenti, le norme della celebrazione liturgica devono rispondere alle esigenze della fede e accompagnare il cammino dei fedeli.
In tal senso di seguito presentiamo le sequenze rituali del Triduo Pasquale, rimandando per le altre parti della settimana santa al nostro sussidio diocesano pastorale liturgico del 2011 (Alla sorgente della vita e del rinnovamento della Chiesa pp. 8-16 e principalmente, alla lettura integrale della Lettera circolare che qui citiamo).
Partiamo dalla Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali (S. Congregazione per il culto divino, 16.I.1988), dove leggiamo:
“La chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla messa vespertina del giovedì nella cena del Signore, fino ai vespri della domenica di risurrezione. Questo spazio di tempo è chiamato giustamente il «triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto»; ed anche «triduo pasquale» perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la chiesa, attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo sposo”(38).
La celebrazione della Pasqua annuale comporta uno spazio di tempo che si distende in tre giorni, quasi ad uscire dal computo ordinario del tempo e entrare già nell’eterno-senza-tempo che la risurrezione di Cristo ha introdotto nel tempo degli uomini.
GIOVEDI’ SANTO
A questo spazio di tempo siamo introdotti dalla celebrazione serale del Giovedì Santo, ovvero l’Eucaristia “in Coena Domini”.
Essa è il sacramento pasquale in tutta la sua estensione. Da una parte ci introduce al Triduo, dall’altra contiene tutta la grazia del Triduo. In questa celebrazione Gesù Cristo stesso, il Vivente ci narra e ci consegna il mistero della sua morte e risurrezione quale segno della sua dedizione, nutrimento e comandamento della nostra vita di discepoli.
La celebrazione liturgica non è mai rappresentazione di cose o eventi sacri. Essa è memoriale cioè presenza vivadi Colui che in essa agisce. Tutti, da colui che presiede a coloro che sono presenti, devono fare spazio e segno a Cristo.
Nessun orpello teatrale è permesso. Particolarmente, se si svolge il gesto della lavanda dei piedi (essendo facoltativo e per quest’anno è più prudente ometterlo), lo si faccia con la sobrietà e la serietà che esso esige. Esso infatti non è rappresentazione della lavanda dei piedi degli apostoli, ma come un sacramento della vita cristiana.
Questa celebrazione si prolunga nell’adorazione eucaristica, nel segno dell’altare della Reposizione.
Questa non è dunque una esposizione solenne dell’Eucaristia. E d’obbligo la sobrietà che sempre si coniuga con la bellezza del luogo.
Il tempo dell’Adorazione Eucaristica dura fino alla mezzanotte. E’ bene dedicare un tempo di adorazione comunitaria nello stile di questa sera.
L’adorazione segue ed è un tutt’uno con la celebrazione dell’Eucaristia (e questo vale sempre anche durante l’anno). Essa è vissuta dai fedeli che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica nello stesso luogo della propria comunità cristiana.
E’ improprio e fuorviante girare per i Repositori!
E’ improprio allestire i Repositori lì dove non verrà celebrato tutto il Triduo Pasquale. Dopo la mezzanotte ha inizio il primo giorno del Triduo. E’ il giorno del Crocifisso.
VENERDI’ SANTO
Sin dal mattino è bene che campeggi la Croce del Signore davanti all’altare al centro dell’aula liturgica.
Si abbia cura perciò di non tenere ancora in evidenza ancora il tabernacolo che custodisce la Riserva Eucaristica per la celebrazione di questa sera.
Intorno alla Croce si viva la preghiera della Chiesa nella liturgia delle Ore (particolarmente le Lodi e l’Ufficio di lettura).
Si scelga l’orario più opportuno per la partecipazione comunitaria alla Celebrazione della Passione del Signore.
L’ascolto, l’adorazione, la comunione e il silenzio sono i luoghi massimi della preghiera di questo giorno. Siano vissuti secondo le indicazioni chiare del Messale e della Lettera circolare citata.
Dopo la celebrazione della Passione, se avanza ancora Pane Eucaristico sia custodito in luogo diverso dal tabernacolo presente in Chiesa che fino alla Veglia Pasquale deve rimanere visibilmente vuoto.
Se vi è la consuetudine della processione dei misteri e si valuta di svolgerla (previo accordo anche civile) sia essenzialmente un breve prolungamento meditativo di quanto si è celebrato. Comunque il tempo dopo la Celebrazione della Passione è dedicato al silenzio davanti al Crocifisso. La raccolta di offerte questa sera è per i luoghi della Terra Santa e si faccia con discrezione negli appositi contenitori.
SABATO SANTO
E’ il secondo tempo/giorno del Triduo. E’ il giorno del Sepolto.
La preghiera della Liturgia delle Ore (Lodi e Ufficio di lettura) è il luogo principe del nutrimento della fede del popolo di Dio. Essa deve essere vissuta comunitariamente.
Si può allestire al centro dell’Aula Liturgica una Croce nuda, distesa per terra, cosparsa di fiori, segno del Sepolcro. Qui con la Madre di Dio impariamo ad ascoltare, ad invocare, ad attendere la Speranza. Niente (neanche gesti o esercizi religiosi) deve disturbare il silenzio del sabato santo.
VEGLIA PASQUALE – DOMENICA
“ In resurrectione Domini”
Siamo al vertice del Triduo Pasquale. E’ la madre di tutte le Veglie dunque non può che essere notturna.
Tutta la Veglia (come ogni celebrazione liturgica) è celebrazione della Risurrezione del Signore e attesa del suo ritorno, dal suo primo movimento (vedi monizione e acclamazioni iniziali). L’ingresso del Cero acceso nell’Aula Liturgica e le candele dei fedeli accese alla sua fiamma sono il primo annuncio ( segno della Presenza) del Cristo risorto. Annuncio che esplode nell’Exultet e si lascia narrare dalle letture dell’AT e del NT, fino alla proclamazione del Vangelo, vertice della liturgia della Parola.
Ogni altro segno, perciò (p. e. scoprimento di una statua del Risorto all’inno di Gloria) è fuori luogo, inopportuno e dannoso, poiché impedisce la comprensione autentica della celebrazione. Se la statua del Risorto c’è ed è di notevole pregio sia posta in luogo decoroso al di fuori del presbiterio prima della celebrazione della Veglia.
Le letture siano mantenute tutte (magari optando per la forma breve di alcune).
Sia tenuta, ove possibile, la celebrazione di qualche battesimo. Tutte le parti della Veglia siano vissute con pacatezza e intensità.
L’Eucaristia del giorno di Pasqua, parte integrante dello stesso Triduo, sia celebrata con la stessa intensità e dignità da parte di tutti.
La breve sintesi fatta circa la Celebrazione del Triduo Pasquale quale unica celebrazione della Pasqua annuale, da a tutti l’idea di quanta attenzione e dedizione pastorale-spirituale va impiegata per la sua preparazione e celebrazione.
L’attenzione primaria è quella di predisporsi all’unità e all’integrità della celebrazione massima dell’anno liturgico.
Non ci si può dedicare ad altro!
Una volta per tutte ricordiamo che bisogna distinguere tra Riti Pasquali (cioè le celebrazioni della fede della Chiesa che vanno dalla Domenica delle Palme ai II Vespri della Domenica di Risurrezione) e tradizioni pasquali. Queste ultime sono nate nel tempo dell’impossibilità da parte del popolo di Dio a partecipare alla liturgia della Chiesa per la sua distanza da esso (a cominciare dalla lingua latina). Da qui il discernimento necessario, soprattutto dopo questi anni di pandemìa, sulla opportunità di mantenere tradizioni che erano nate in contesto molto diverso dal nostro. E comunque ogni espressione di pietà popolare o pio esercizio non può mai né confondersi, né mescolarsi, né sovrapporsi alle celebrazioni pasquali. Si allontani, poi, dalla Settimana Santa ogni tentazione di rappresentazioni sacre della Passione, anch’esse fuorvianti rispetto alle celebrazioni liturgiche.
Ad ogni modo se qualche tradizione si ritiene debba ancora sussistere non può che essere rivisitata, calibrata e temperata a partire da quanto siamo chiamati a celebrare nella Pasqua annuale.
Per quanto concerne i pii esercizi della pietà popolare rimandiamo a quanto è scritto per la Settimana Santa nel Direttorio di Pietà popolare e liturgia (Roma 2002). Per le attenzioni sanitarie teniamo presente la lettera della CEI del 25 marzo 2022.
A tutte le nostre Comunità, a ciascuno dei presbiteri auguriamo la preparazione della fede viva e la celebrazione della gioia di Pasqua.
Brindisi, 26 marzo 2022 L’Ufficio Liturgico Diocesano
Sabato della III settimana di Quaresima